mercoledì 30 giugno 2010

Breviario sulla legalità della bestemmia

L’ARTICOLO 724 DEL CODICE PENALE

Comma primo, versione originale (1930):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o Simboli o le Persone venerate nella religione dello Stato è punito con l’ammenda da lire ventimila a seicentomila».

Comma primo, come modificato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 440 (1995):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con l’ammenda da lire ventimila a seicentomila».

Comma primo, come modificato dal Decreto Legislativo n. 507 (1999, versione vigente):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con la sanzione amministrativa da lire centomila a seicentomila».


I “REQUISITI” DELLA BESTEMMIA

  • l’autore della bestemmia può essere chiunque, anche un ateo;
  • si concretizza nella sua semplice attuazione, indipendentemente dalle reali intenzioni dell’autore;
  • il fatto che sia diventata una consuetudine, o che lo sia in certi ambienti, è irrilevante;
  • devono essere chiaramente individuate le parole profferite;
  • deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico; non è illecito quindi bestemmiare nella propria abitazione;
  • devono essere presenti almeno due persone;
  • non rientrano nella fattispecie le rappresentazioni figurate, i gesti, gli atti offensivi;
  • è illecito bestemmiare contro Dio, non contro la Madonna e i santi.
UAAR


Dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 724 c.p.

3.4.- La dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 724, primo comma, del codice penale deve tuttavia essere circoscritta alla sola parte nella quale esso comporta effettivamente una lesione del principio di uguaglianza. La fattispecie dell'art. 724, primo comma, del codice penale è scindibile in due parti: una prima, riguardante la bestemmia contro la Divinità, indicata senza ulteriori specificazioni e con un termine astratto, ricomprendente sia le espressioni verbali sia i segni rappresentativi della Divinità stessa, il cui contenuto si presta a essere individuato in relazione alle concezioni delle diverse religioni; una seconda, riguardante la bestemmia contro i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato. La bestemmia contro la Divinità, come anche la dottrina e la giurisprudenza hanno talora riconosciuto, a differenza della bestemmia contro i Simboli e le Persone, si può considerare punita indipendentemente dalla riconducibilità della Divinità stessa a questa o a quella religione, sottraendosi così alla censura d'incostituzionalità. Del resto, dal punto di vista puramente testuale, ancorché la formula dell'art. 724 possa indurre alla riconduzione unitaria delle nozioni di Divinità, Simboli e Persone nella tutela penalistica accordata alla sola "religione dello Stato", è da notarsi che, in senso stretto, il termine "venerati", impiegato nell'art. 724, è propriamente riferibile ai soli Simboli e Persone. Cosicché, dovendosi ritenere che il legislatore abbia fatto uso preciso e consapevole delle espressioni impiegate, il riferimento alla "religione dello Stato" può valere soltanto per i Simboli e le Persone.

La norma impugnata si presta così ad essere divisa in due parti. Una parte - esclusa restando ogni valenza additiva della presente pronuncia, di per sé preclusa dalla particolare riserva di legge in materia di reati e di pene - si sottrae alla censura di incostituzionalità, riguardando la bestemmia contro la Divinità in genere e così proteggendo già ora dalle invettive e dalle espressioni oltraggiose tutti i credenti e tutte le fedi religiose, senza distinzioni o discriminazioni, nell'ambito - beninteso - del concetto costituzionale di buon costume (artt. 19 e 21, sesto comma, della Costituzione). L'altra parte della norma dell'art. 724 considera invece la bestemmia contro i Simboli e le Persone con riferimento esclusivo alla religione cattolica, con conseguente violazione del principio di uguaglianza. Per questa parte, delle due possibilità di superamento del vizio rilevato: l'annullamento della norma incostituzionale per difetto di generalità e l'estensione della stessa alle fedi religiose escluse, alla Corte costituzionale è data soltanto la prima, a causa del predetto divieto di decisioni additive in materia penale.

La scelta attuale del legislatore di punire la bestemmia, una volta depurata del suo riferimento ad una sola fede religiosa, non è dunque di per sé in contrasto con i principi costituzionali, tutelando in modo non discriminatorio un bene che è comune a tutte le religioni che caratterizzano oggi la nostra comunità nazionale, nella quale hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 724, primo comma, del codice penale, limitatamente alle parole: "o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 1995.

F.to: Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in cancelleria il 18 ottobre 1995.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA

Nessun commento:

Posta un commento