lunedì 1 agosto 2011

Il tramonto di ghiaccio

Poniamo il caso che ogni certezza venga meno, che i pilastri del nostro essere: affetti, famiglia, amore; vengano irrimediabilmente distrutti dalla realtà.
Così che ogni malessere venga amplificato al fine da ritrovarci naufraghi di noi stessi.
Alcuni attraverso mondi paralleli potrebbero alterare la funzione di misura percettiva in modo da rendere il codominio più accettabile, altri potrebbero invece tentare di bilanciare le funzioni percettive lasciando invariata quella di misura (il codominio viene modificato). La differenza tra le due scelte è la stessa che intercorre tra il sogno e la realtà, forse nessuna se consideriamo il sogno come figlio di se stesso.
Ammettendo che ci sia una realtà, la seconda scelta porta al cambiamento percettivo del nostro essere: di minore rilevanza se la modifica riguarda solo le funzioni di percezione esterne, di maggiore rilevanza se il cambiamento coinvolge anche le funzioni interne (stiamo riplasmando la percezione di noi stessi).
Quando il nostro essere diventa un fardello che non siamo più in grado di portare, allora distruggere la propria percezione per crearne un'altra attraverso una traslazione ci permette di non abbandonare noi stessi, ci permette di "interagire" con la nostra anima attraverso una prospettiva diversa.
La distruzione a volte può avvenire in maniera dolorosa, ossia intraprendendo azioni contrarie al nostro essere al fine di rimodellare la percezione della distanza che intercorre tra l'essere e il non-essere. Percorrendo questa strada è possibile intravedere il tramonto di ghiaccio, la sensazione della fine di un ciclo, che lascerà intatto nella nostra memoria il ricordo del non-essere. Andare contro i propri principi per rafforzarli, per comprendere quanto siano importanti. Un tramonto necessario per aumentare la percezione di se stessi, un freddo che sopraggiunge divorandoci l'anima e solo una speranza: l'alba ossia la consapevolezza del nostro essere. Senza il tramonto di ghiaccio non è possibile rendersi conto di quanto sia caldo il sole, o meglio di quanto sia meraviglioso il proprio essere.

P. Felith

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